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Cerimonia Laika – Il convegno di San Casciano e la mistica delle infrastrutture

Come già accaduto in passato, a S. Casciano,  il PD, la Fondazione  Italianieuropei di Massimo D’Alema e l’Associazione Romano Viviani di Riccardo Conti, con un Convegno riparatore intitolato: “Le reti che fanno crescere l’Italia – territori, energia, trasporti, telecomunicazioni”,  hanno inteso chiudere il dibattito scaturito dalla vicenda“Laika” di cui davamo conto il 25 ottobre.
Quel dibattito si era sviluppato soprattutto dopo l’intervento dell’assessore regionale Anna Marson – vero bersaglio politico di quest’iniziativa – che si era dichiarata contraria alla costruzione del nuovo stabilimento in una zona agricola e sopra importanti resti archeologici.
“Se in Italia non si potesse costruire nelle aree dove ci sono tracce di civiltà precedenti, dovremmo andare via e chiedere un po’ di territorio in Libia, dove abbonda..” M. D’Alema
Il workshop ha visto la partecipazione di Massimo D’Alema, Mauro Moretti, Roberto Colaninno, Flavio Cattaneo di Terna e Vito Gamberale del Fondo italiano per le infrastrutture (F2i) di cui è consigliere lo stesso Conti. La presenza annunciata dell’ex Ministro dei lavori pubblici Altero Matteoli, poi trattenuto a Roma, chiariva il carattere bipartisan dell’ìniziativa.
Nella tre giorni di dibattiti il segnale è stato univoco: porte chiuse alla partecipazione della società civile nelle scelte strategiche territoriali, controllo sulle cosiddette grandi opere della parte più conservatrice dei partiti, via libera alla finanza, più che all’impresa, per l’accesso ai finanziamenti pubblici. Soprattutto minimizzazione dei valori ambientali e della tutela dei beni culturali e paesaggistici.
Due autorevoli interviste rilasciate tra settembre e ottobre da Salvatore Settis sulla stampa, avevano stigmatizzato la cosiddetta “Archeopatacca” scuotendo le certezze della base locale del PD.
In risposta a queste qualificate critiche un Massimo D’ Alema sbrigativo ha solleticato facili umori qualunquisti (vedi sopra).
Chiarissimo il Presidente Enrico Rossi: “L’atteggiamento dei comitati che spesso rappresentano posizioni di rendita è troppo diffuso in Toscana. Ma con il massimo rispetto dei vincoli ambientali dobbiamo dire che se vogliamo tutelare davvero il nostro territorio c’è bisogno di dargli maggiore sviluppo attraverso una ripresa costruttiva” Musica per gli orecchi dei costruttori considerati l’ unico motore della crescita economica della Regione.

Gli scavi archeologici in corso sul terreno della multinazionale Hymer (Laika)

Secondo un progetto strategico che da anni procede di fatto senza alcuna programmazione, l’Italia aspira a diventare lagrande piattaforma logistica d’Europa capace di intercettare il flusso di merci provenienti dall’Oriente. Realizzandolo per parti e in concorrenza con le altre, ogni Regione si candida a guidare questa grande illusione. La Toscana non è certo da meno.
“.. altrimenti – ha detto Conti –  rischiamo di perdere investimenti fondamentali per il nostro futuro. Anche per questo abbiamo scelto San Casciano come sede del workshop: e’ un bellissimo borgo toscano che sa stare nella modernita’ coniugando sviluppo e tutela del paesaggio, come dimostra il progetto della Laika”.
A proposito di tutela del paesaggio però secondo un articolo di Gianfranco Cartei e Gabriele Paolinelli, pubblicato nei giorni scorsi sul Corriere Fiorentino, l’indice di urbanizzazione pro capite è ormai giunto in  Toscana a livelli che ci avvicinano a quelle regioni del nord meno virtuose nell’occupazione del territorio aperto.
Insomma proprio nel momento in cui i dissesti idrogeologici e il dramma delle alluvioni evidenziano una crisi ambientale generalizzata che è anche crisi di un modello economico invecchiato, il Partito del cemento  non può che tentare a tutti i costi di legittimare il consumo indiscriminato del territorio.

Opponiamoci a questa deriva!
Fermiamo il cemento che divora la Toscana!
Difendiamo i paesaggi e le risorse naturali della nostra regione!
Chiediamo che nel processo di aggiornamento della legge urbanistica toscana, che afferma il criterio del risparmio di suolo e del riutilizzo, si adottino misure più stringenti per un effettivo controllo sulle politiche insediative, anche attraverso una seria riconsiderazione del principio della sussidiarietà.

12 ottobre 2011 RTV38 sulla Laika

STASERA DALLE 21 ALLE 23 SU RTV38 SI PARLERA’ DEL PROBLEMA LAIKA

Tra gli altri in studio ci saranno:

  • il Sindaco di San Casciano
  • Mariarita Signorini per Italia Nostra Onlus.

Il programma è visibile anche in streaming sul sito http://www.rtv38.com/

Laika ed i reperti archeologici: le associazioni a Enrico Rossi

Le associazioni
LEGAMBIENTE circolo Il Passignano
WWF Firenze
Rete dei Comitati per la difesa del territorio
Italia Nostra Firenze

scrivono a:
Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi
Giunta Regionale Toscana
Lavoratori LAIKA 
RSU LAIKA

In questi giorni la Regione deve decidere su una questione importante, controversa e difficile, che riguarda la tutela dell’interesse pubblico e la salvaguardia di un patrimonio culturale ed archeologico che può essere anche una risorsa economica fondamentale dal punto di vista turistico.
Nell’area destinata alla costruzione del nuovo stabilimento LAIKA a San Casciano sono emersi reperti etruschi e romani. Tali reperti vengono così descritti nel “PROGETTO di VALORIZZAZIONE DEI SITI ARCHEOLOGICI E DEL PARCO SPORTIVO “LA BOTTE” ATTRAVERSO UN SISTEMA INTEGRATO DI SEGNALETICA TURISTICA” presentato dalla Amministrazione Comunale di San Casciano a bando di finanziamento e che ha ottenuto un contributo di 68.000 di euro con atto del GAL START n°8/313AA del 29/03/2011: “Il territorio di San Casciano è stato disegnato dalle presenze antropiche che lo hanno caratterizzato fin da tempi preistorici, testimoniate dalla presenza di ben 40 siti di interesse archeologico …. Fra gli altri, si distinguono tre siti di significativo interesse archeologico risalenti al periodo etrusco-romano, ubicati lungo la fertile pianura fluviale del Pesa o arroccati sulle alture che la difendevano naturalmente: la struttura funeraria etrusca di Sant’Angelo a Bibbione (VII sec. a.C.), l’insediamento etrusco di Poggio La Croce (VII-V sec. a. C.), l’insediamento etrusco-ellenistico di Ponterotto (IV-III sec. a.C.). Il paesaggio chiantigiano che si estende attraverso tali siti archeologici merita di essere conosciuto e valorizzato all’interno di un circuito turistico,….”
Questo “sito di significativo interesse archeologico” viene invece smantellato con successivo “progetto di rimozione” deliberato dalla medesima amministrazione comunale nell’agosto 2011 e diventa “…alcune pietre di origine etrusca” che “certo ambientalismo in cashmere” non vuol spostare rischiando di” bloccare un investimento di 30 milioni di euro di LAIKA” nelle parole della Presidente di Confindustria Toscana.
Abbiamo un’altra idea di quel che è uno sviluppo sostenibile del territorio toscano, e ci dispiace rilevare la miopia dell’Associazione Industriali (che in teoria rappresenta anche gli interessi del settore turistico) la quale vede nei beni culturali un semplice impiccio invece che una grande opportunità. Ma siamo ancor più dispiaciuti del vedere accodarsi a questa miope idea le rappresentanze sindacali di LAIKA, che in un loro comunicato attaccano movimenti ambientalisti e comitati locali.
Per dovere di verità, ci sentiamo di dover rispondere ad alcune affermazioni, senza nessuna intenzione polemica nei loro confronti in quanto riteniamo che una soluzione alle esigenze di ristrutturazione aziendale sia opportuna e necessaria e non vediamo alcuna contraddizione tra tutela del paesaggio e dei beni culturali e sviluppo delle attività economiche.
Il comunicato RSU dichiara che la richiesta di salvaguardia dell’area archeologica mette a rischio, un «investimento che potrebbe dare serenità a tutti i dipendenti Laika e creare opportunità di lavoro». La Rsu fa anche riferimento alla recente notizia secondo cui la famiglia Hymer, il gruppo tedesco di cui fa parte Laika, avrebbe deciso di riacquisire il controllo completo, acquistando le azioni sul mercato, per un totale di 38 milioni. Un segnale «inequivocabile circa la volontà del gruppo di investire in un progetto industriale concreto». E concludono: «Non possiamo permetterci altri ritardi a causa di comitati”.
Ci sembra necessario puntualizzare quanto segue:

  • Il 9 settembre 2002 il Consiglio di Amministrazione di Laika Caravans S.p.A. – da poco acquistata dalla tedesca HYMER AG – deliberava l’acquisto del terreno del Ponterotto per la somma di 3.5 milioni di euro. Il capannone appena finito di costruire alla Sambuca con variante del Comune di Tavarnelle (Laika 3) veniva messo in vendita per una cifra compresa fra i 12 e i 13 milioni di euro. Il consigliere delegato Heinrich Dumpe assicurava che il trasferimento nella nuova sede del Ponterotto sarebbe stato realizzato entro l’agosto del 2004. Solo uno dei consiglieri, il prof. Sergio Pivato della Bocconi, avanzava qualche dubbio sui rischi che l’operazione comportava e chiedeva se non fossero state previste alternative. I rischi non riguardano certamente l’eventuale presenza di comitati ambientalisti, ma la stessa complessità di un’operazione che trasforma un terreno agricolo in terreno industriale, al di fuori da qualsiasi strumento urbanistico.
  • E infatti per procedere ad una variante ad hoc bisogna aspettare il 2006, poi ci vogliono ancora due anni per approvare il progetto, poi ancora un anno per una variante: e arriviamo al 2009. Il progetto è stato fermo a causa delle procedure arzigogolate introdotte per “regolarizzare” l’uso di terreni agricoli acquistati in una zona del tutto inadatta a quello stabilimento procedure oltretutto onerose e complesse. Se davvero esisteva la URGENZA imprenditoriale di avere quelle volumetrie, le si poteva realizzare da anni in altre zone industriali già infrastrutturate presenti nel territorio (per esempio a Barberino o a Poggibonsi). Evidentemente al gruppo Hymer interessa più l’investimento immobiliare che non la produzione.
  • La Hymer ha chiesto una superficie di 32.000 mq che è più del doppio della superficie attualmente in produzione (senza contare le superfici esterne impermeabilizzate per fare parcheggi). Nei fatti LAIKA ha perso occupati passando da 250 dipendenti nel 2003 (il massimo decennale) a 189 nel 2010, ha perso produzione calando a 55 milioni di euro nel 2010 rispetto ai 71 del 2000. Il progetto esecutivo depositato in Comune prevede una terza parte circa del capannone attrezzata e per il resto una enorme superficie vuota (in attesa di vendita? Forse con la prospettiva di lucrarci come già fatto con il capannone Laika 3, mai entrato in produzione?) Non siamo noi ambientalisti a mettere in crisi LAIKA ma gli andamenti del mercato europeo e nordamericano, che hanno visto crollare la domanda. Il nuovo capannone non risponde a pressanti esigenze produttive visto che le stesse previsioni aziendali parlano per il 2011 di una crescita possibile del fatturato che non recupererà tutte le perdite di mercato del passato. Mettere in discussione volumetrie o profili o localizzazione dell’edificio non può quindi essere un tabù.
  • La Hymer aveva sovradimensionato anche il proprio stabilimento tedesco (investimento di 16 milioni di euro) trovandosi poi nel 2009 a far pagare ai lavoratori tedeschi il costo della crisi e dell’errore (600 posti di lavoro in meno) pur di mantenere comunque dividendi agli azionisti della Hymer (per l’80% di proprietà della famiglia Hymer). L’andamento decennale degli utili di esercizio dei bilanci LAIKA vede a parità di produzione incrementi o decrementi dell’ordine del 30%. Basti pensare che se nel 2001 con 42 milioni di valore produzione LAIKA realizza un utile di 711.000 di euro, mentre nel 2009 con 51 milioni di valore produzione ha avuto un disavanzo di esercizio di 3,5 milioni. Non capiamo quindi quale fiducia sia possibile avere in una operazione di rastrellamento azionario che sicuramente tutelerà ancor meglio gli interessi della proprietà ma che NON NECESSARIAMENTE si lega ad un rilancio produttivo, in quanto l’obbiettivo di ripartire dividendi è del tutto scollegato da quello di valorizzazione delle risorse produttive.
  • La Hymer ha licenziato in tutta Europa, ed ha addirittura smantellato nell’anno passato la HYMER FRANCE in Alsazia, il marchio ERIBA (fallimento dichiarato a marzo 2010, 190 dipendenti sul lastrico ”colpevoli” per la Hymer di comportamenti sindacali giudicati troppo conflittuali), a fronte di un calo globale della produzione di HYMER AG : da 26000 a 19000 autoveicoli a inizio 2010, perdite dichiarate di 40 milioni di euro. L’azienda LAIKA dimostra sicuramente un grande dinamismo: vediamo per esempio i finanziamenti pubblici che questa azienda sta rastrellando (750.000 euro solo di fondi strutturali per l’innovazione di prodotto), ma vediamo anche il rischio che HYMER cerchi di far pagare ai contribuenti italiani e ai lavoratori i costi di una ristrutturazione che viene dopo anni di utili e dividendi ripartiti fra gli azionisti. In tale contesto, l’operazione immobiliare a Ponterotto non ci sembra certo una partita dettata dall’urgenza di por fine a dieci anni di inutili attese per passare a una nuova stagione produttiva (il trasferimento dei reperti archeologici comporterà comunque altri due anni di lavori!), tantomeno ci pare corretto paragonarla con la costruzione della diga di Assuan come ha fatto la presidente di Confindustria toscana (dimenticando che quella era, per quanto controversa, una OPERA PUBBLICA) ; siamo piuttosto di fronte ad una scelta legata all’investimento sul MATTONE, alla RENDITA IMMOBILIARE, come, secondo i dati CGCIA di Mestre sull’uso dei finanziamenti all’impresa, continuano a fare aziende medie e grandi a scapito della innovazione e della produzione materiale.
  • Infine, non vediamo nel quadro sopra descritto come si giustifichi l’intervento con cospicue risorse del Comune di San Casciano (soldi di tutti i cittadini, in un momento di tagli ai servizi) per smantellare un sito archeologico di pubblico interesse, e non comprendiamo come il pur legittimo interesse economico di Hymer possa essere dichiarato automaticamente INTERESSE PUBBLICO: invitiamo su questo le rappresentanze sindacali, nel rispetto reciproco di divergenze di opinioni o vedute, a non prestarsi al gioco dell’impresa che mira a mettere in antagonismo il diritto al lavoro e i diritti del lavoro (imprescindibili) con la tutela dell’ambiente e del territorio, che costituisce salvaguardia di BENI COMUNI fondamento di una economia equa e SOSTENIBILE che è la sola prospettiva auspicabile per i nostri figli.

L’etrusco? Si sposterà – Il trasloco dei reperti per far posto ai camper

Segnalato da Archeopatacca
Fonte: Corriere Fiorentino, 17 Settembre, 2011
Di: Alessio Gaggioli

L’archeologo: alti costi, e non è un’opera pubblica

San Casciano Val di Pesa — Ma non si potevano fare prima delle indagini per capire cosa c’era sottoterra? E se i reperti archeologici sono così importanti non valeva la pena costruire altrove quel maxicapannone invece che organizzare il costosissimo trasloco di quanto è stato ritrovato? Una impresa, quella di spostare eccezionali reperti altrove, che si fa solo in rari casi. Solo se costretti da irrinunciabili opere pubbliche per il territorio. Molto di rado per consentire ad un privato di costruire. Sospetti e domande di uno dei più autorevoli archeologi d’Italia, Giuliano Volpe, ordinario di archeologia e rettore dell’Università di Foggia. Domande pubblicate sul più importante sito web che si occupa di urbanistica: Eddyburg.
Domande che riguardano il progetto di San Casciano, a Ponterotto, dove il Comune nella passata legislatura — con una variante ad hoc perché trattasi di terreni ex agricoli — diede il via libera alla costruzione del nuovo stabilimento della Laika, la multinazionale che produce caravan. Un progetto vecchio di oltre dieci anni, un capannone di oltre 300 mila metri cubi nella splendida valle di Ponterotto. I lavori sono partiti nel 2010, dopo pochi mesi lo stop: da sottoterra sono emersi i resti di una fattoria etrusca e una villa romana (le uniche informazioni disponibili). Non si sa nulla di più. Non si sa quale sia la loro reale importanza e il loro stato di conservazione. Comune e Soprintendenza che hanno dato il via libera al trasloco non sono generosi di risposte (dall’amministrazione comunale hanno fatto sapere quanto segue: «C’è estrema serenità sulla correttezza delle procedure adottate grazie alla piena collaborazione tra le istituzioni coinvolte»). E così si alimentano i dubbi e le domande. Anche da parte di autorevoli esponenti dell’archeologia, come appunto il professor Volpe: «Come mai pur essendo trascorso tanto tempo dalla presentazione del progetto, non sono state effettuate indagini di archeologia preventiva? Quale valutazione è stata fatta dei documenti storici e archeologici individuati? Qual è il loro stato di conservazione? Ma, soprattutto, perché si è adottata la decisione della rimozione e del trasferimento dei resti archeologici?». Quelle di Volpe non sono domande campate in aria. Purtroppo. Perché secondo Volpe i casi sono due: o quei reperti sono così importanti, «di grande interesse storico-archeologico» e allora forse sarebbe da riconsiderare il loro trascloco «privilegiando la conservazione in situ». O in realtà «come qualcuno sussurra, si tratta di pochi muretti» e allora si dovrebbe «avere il coraggio di portare la decisione alle estreme conseguenze, si documenti e si pubblichi l’intero contesto archeologico e lo si sacrifichi autorizzando la costruzione del capannone al di sopra dei resti», dice Volpe. Perché altrimenti, se davvero della fattoria etrusca e della villa romana, sono rimaste poche pietre, quella del trasloco e della ricollocazione «appare una risposta alquanto ipocrita, forse utile solo come risposta alle proteste delle associazioni culturali e ambientaliste». «Che senso avrebbero — si chiede il rettore dell’Università di Foggia — i moncherini di pochi muretti decontestualizzati e collocati, quasi si tratti di un elemento di arredo, in un finto parco archeologico?».
Va detto che ancora prima che Laika cominciasse a scavare, quel progetto era stato molto contestato dai comitati e dagli ambientalisti. C’era stato anche un ricorso al Tar, perso. C’era stata pure Anna Marson, quando faceva la professoressa di pianificazione urbanistica a tempo pieno, prima dell’incarico di assessore regionale, che aveva scritto del caso San Casciano-Laika come pessimo esempio di pianificazione urbanistica. Laika per trasferire le sue attività nel futuro stabilimento di San Casciano ha dato rassicurazioni sul mantenimento dei livelli occupazionali e si farà carico di opere di compensazione ambientale e urbana. Dopo il blocco dei lavori (da oltre un anno) per via degli scavi ora c’è però da risolvere prima la grana archeologica. Tutte le procedure seguite per ora sembrano corrette. Le informazioni però sono scarse. Il cantiere è blindato, i reperti sono coperti da grandi teli neri. E allora ecco che tornano le domande di uno degli archeologi più importanti d’Italia: «Chi pagherà il trasloco? Si tratta di una procedura complessa che di solito viene riservata a scoperte eccezionali. Di solito si utilizza per permettere la costruzione di opere pubbliche, come le dighe».
A San Casciano non ci saranno dighe. Ci sarà il grande stabilimento di un privato. E forse, poco più in là, in località la Botte (nessuna conferma nemmeno su questo da Comune e Soprintendenza) un parco archeologico che comitati e ambientalisti dicono sarà un «parco-patacca».

Caso Laika, salviamo i reperti etruschi e romani!

Fonte: La Nazione, 13.09.2011
Di: Andrea Settefonti

Caso Laika, petizione “Non affogate i resti della villa etrusca nel cemento”

Sui resti di una villa etrusco ellenica e di una romana ritrovati nel cantiere di Ponterotto, a San Casciano, dove si realizza il nuovo stabilimento Laika, entra in scena anche l’associazione “Laboratorio per un’altra San Casciano”, lo fa organizzando una petizione via posta elettronica con l’obiettivo di sensibilizzare l’assessore regionale alla Cultura Cristina Scaletti affinché i resti vengano valorizzati e non affogati nel cemento.
Nell’appello inviato all’assessore si legge che “nel 2010 durante gli scavi cantieristici sono stati rinvenuti resti archeologici di un edificio di epoca etrusco-ellenistica e di una villa romana di età imperiale. Invece di valorizzare queste testimonianze storico-artistiche, l’amministrazione comunale ha fatto propria l’istanza di rimozione dei reperti avanzata da Hymer a pochi mesi dall’inizio degli scavi.
Inoltre, il Comune ha deciso di intervenire con proprie risorse ad un progetto di demolizione, rimozione e ricostruzione in altro sito dei reperti, senza esplorare le alternative possibili che con modifiche progettuali salvassero almeno parte del sito archeologico”. Secondo il Laboratorio “tutte le procedure legate al progetto sono state svolte nella assoluta segretezza e senza contraddittori”. Inoltre “ancora non esiste neanche una riga di relazione pubblica sugli scavi” e “il progetto di rimozione è stato deliberato a scavi in corso (quando ancora la villa romana non era emersa) a prescindere quindi dai risultati”. Il rischio è “che il progetto distruggerà il valore scientifico del sito e produrrà un falso storico e topografico”.
Quindi viene chiesto all’assessore di “accogliere l’appello delle associazioni ambientaliste WWF, Legambiente, Italia Nostra, Rete dei Comitati, sospendendo la firma regionale all’accordo e aprendo un confronto tra i tecnici per verificare se davvero questa sia la soluzione giusta”.
Clicca qui per scaricare l’articolo tramite Archeopatacca

Fonte: La Repubblica, 14 settembre 2011
Di: Mario Neri

La Laika fa traslocare i resti etruschi. Ritrovati nell’area del futuro capannone:
la Soprintendenza dà l’ok al trasferimento. “No all’archeo-patacca”

Nella terra dei caravan anche un sito archeologico può traslocare. Succederà ai resti di un insediamento etrusco e a quelli di una villa romana di età imperiale ritrovati nel giugno 2010 a Ponterotto, pochi chilometri da San Casciano, dove la Laika caravans vorrebbe costruire il mega capannone progettato 11 anni fa per rilanciare la produzione dei camper nella Val di Pesa. Da un anno i lavori sono fermi. Nei 3 ettari destinati alla nuova fabbrica – e riconvertiti in area industriale con una variante ad hoc del Comune – gli archeologi procedono ancora con scavi e analisi, ma l’amministrazione di San Casciano ha già accolto le richieste della multinazionale: i reperti verranno ricollocati vicino al torrente Pesa «in modo da riprodurre la disposizione dei vani rispetto all’esposizione al sole e alla direzione dei venti», è scritto in una delibera approvata ad agosto. Il via libera è arrivato con il parere favorevole di Soprintendenza, ministero dei Beni culturali e Regione, eppure fa infuriare i comitati del Chianti. «Trasferendo i resti si creerà una “archeopatacca” – dice Giuseppe Pandolfi, presidente del circolo locale di Legambiente – Il comune avalla una speculazione.La salvezza dei posti di lavoro è una scusa, negli ultimi anni i fatturati di Laika sono scesi». Non sarà un parco archeologico farlocco, è invece la tesi della Soprintendenza: «Ci sono molti esempi di rovine ricollocate a favore di una maggiore tutela – spiega la soprintendente regionale Mariarosaria Barbera – e comunque il trasferimento è previsto dal codice dei beni culturali». Comitati e ambientalisti vorrebbero che Laika ridimensionasse i progetti. «Non più un grande capannone da 30mila mq, ma qualcosa meno, quanto basta per lasciare i reperti a loro posto», chiede anche Mauro Romanelli, consigliere regionale di Sel, che ieri ha presentato un’interrogazione urgente in consiglio.

Toscana, Insediamento Laika di San Casciano

Fonte: Italia Nostra Onlus

Gli ambientalisti: i resti archeologici non possono essere spostati

La vicenda dell’insediamento del capannone della Laika caravan nel comune di San Casciano (FI) si complica ulteriormente. Sui terreni individuati sono stati trovati nel 2010 resti archeologici etruschi e romani.
Da sempre (la vicenda va avanti da una decina di anni), comitati e associazioni ambientaliste hanno contestato la scelta del sito di localizzazione da parte del comune per il manufatto richiesto dalla multinazionale Hymer (proprietaria di Laika caravan). Terreni agricoli lontani dal distretto della camperistica, alto impatto ambientale e paesistico, scelta non pianificata, azienda in crisi con riduzione della produzione il che non giustifica un’espansione, ribadiscono Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia nostra Firenze, Legambiente Toscana, Wwf Toscana.
«Dopo 7 anni dall’adozione della variante, non un mattone della fabbrica è stato posato, a dimostrazione di come si sarebbe potuto tranquillamente scegliere una localizzazione più adatta e di come l’”urgenza” imprenditoriale nascondesse solo un lucroso investimento immobiliare».
Questione di punti di vista qualcuno potrebbe pensare, ma le ultime vicende fanno incrementare gli interrogativi. Durante gli scavi per il capannone sono emersi nell’anno 2010 resti di un fabbricato etrusco e della pars rustica di una villa romana. Secondo quanto riportano gli ambientalisti, l’amministrazione comunale, invece di valorizzare queste testimonianze storiche, imponendo al privato di adeguare l’intervento al mantenimento della stratificazione emersa durante gli scavi, ha fatto propria l’istanza del privato di rimozione dei resti ed interviene, con proprie risorse, per rendere possibile la demolizione di muri e fondazioni e la loro ricostruzione lontano dal perimetro previsto del fabbricato industriale.
«Le alternative c’erano- dichiarano Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia nostra Firenze, Legambiente Toscana, Wwf Toscana- Si poteva ipotizzare uno spostamento dei volumi o una loro riduzione, stante la banalità architettonica del manufatto (un parallelepipedo di metri 300 x 100 x 11m). La traslazione di muri e fondazioni in mattoni e ciottoli non potrà che essere distruttiva e la demolizione dello scavo sicuramente toglierà alla ricerca scientifica la possibilità in futuro di analizzare un insediamento rurale importante per capire gli ordinamenti della campagna in epoca etrusco-romana. Non si tratta di edifici che possano eventualmente essere smontati e rimontati, ma di tracce e resti che hanno senso solo se rimangono nel proprio contesto. Che tutto questo si faccia non per realizzare un’opera di pubblico interesse ma semplicemente per venire incontro alle richieste di un investitore privato suscita perplessità e sconcerto».
A fronte di queste evidenze Rete dei Comitati per la difesa del territorio, Italia Nostra Firenze, Legambiente Toscana, Wwf Toscana lanciano un appello alla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Ministero per i beni culturali, alla Soprintendenza per i beni archeologici della Toscana, alla Direzione regionale (settore musei ed ecomusei) della Regione toscana, «perché non sia ratificato l’accordo per la rimozione delle strutture archeologiche. In particolare, facciamo appello agli assessorati regionali competenti perché sia possibile aprire un confronto tra gli esperti del settore in vista di un approfondimento scientifico sul sito archeologico, sospendendo temporaneamente ogni decisione» hanno concluso gli ambientalisti.