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COMUNICATO STAMPA 30.01.2019   TAV, AEROPORTI, TERZE CORSIE AUTOSTRADALI E AUTOSTRADE, PONTI, STADI, INCENERITORI E ALTRE OPERE: NON SUFFICIENTI LE VALUTAZIONI TRADIZIONALI PER DECIDERNE LA FATTIBILITA’.

 

IL PIANETA

 Associazione per la tutela della Natura e dell’Ambiente, della Salute,

del Patrimonio Storico e Paesaggistico.

Rignano sull’Arno (Firenze)

 

In prima analisi l’Italia, come paese industrializzato, sfora abitualmente i parametri indicati dall’IMPRONTA ECOLOGICA e quindi il bilancio è in perdita: questo designa una economia NON sostenibile; segnala che utilizziamo più risorse di quelle che il nostro territorio e le nostre acque possono fornire e rigenerare.

Già la valutazione di questo parametro dovrebbe, ai responsabili delle istituzioni e dell’economia, fornire chiare indicazioni sulle scelte da fare in merito a molte opere.

L’Italia, assieme alle altre grandi nazioni industrializzate, contribuisce nella quota parte, al debito ecologico sul pianeta Terra.

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Grandi opere: appalti e mazzette, adesso accuso io

Fonte: L’Espresso
Di: Gianfrancesco Turano

Grandi opere
Appalti e mazzette, adesso accuso io
Riccardo Fusi, il costruttore della Cricca, è stato fatto fuori. E ora vuota il sacco
sui lavori pubblici. In Toscana e non solo

Stinchi di santo astenersi. Cemento e ruspe sono un gioco duro, parola di chi in tre decenni si è costruito sotto i piedi l’autostrada dalle stalle alle stelle e ritorno. È il geometra Riccardo Fusi da Prato, 55 anni, figlio di un muratore di Barberino del Mugello. Fusi è diventato, grazie agli appalti della sua Btp, uno dei primi dieci costruttori italiani con 1,2 miliardi di euro di patrimonio e 2 mila dipendenti prima di essere spazzato via da difficoltà finanziarie e processi. I suoi amici politici non sono riusciti a salvarlo dal crollo del sogno berlusconiano delle grandi opere pubbliche.
«Passo per il socio di Denis Verdini», dice Fusi, «e per essere l’uomo della cricca. Mai stato socio di Verdini, che mi ha portato solo guai giudiziari e l’espressione “cricca” è di un mio ingegnere, Vincenzo Di Nardo, che si lamentava con me al telefono di Angelo Balducci e compagni. Mi etichettano come costruttore di destra. So soltanto che con Romano Prodi a palazzo Chigi e Antonio Di Pietro ministro vincevo le gare, come quella della Scuola dei marescialli che ho preso nel 2000, incassando una condanna in primo grado, e che quattordici anni dopo è ancora lì ferma con le gru fuori. Degli altri appalti miei, la tramvia di Firenze è partita solo ora con un progetto modificato e la bretella Prato-Signa non si fa. Gianni Letta mi accoglieva col sorriso ma poi favoriva altri. A Silvio Berlusconi glielo ho pure detto in faccia che ha pensato solo a se stesso e a me non mi ha fatto guadagnare un euro. Tutti a dire che il Credito cooperativo di Denis mi finanziava. Certo: 10 milioni di euro su un miliardo di esposizione. Tutti a dire che Denis mi ha portato al Monte dei Paschi. Semmai ce l’ho portato io. Conoscevo Giuseppe Mussari e Antonio Vigni perché avevo preso una quota nel Siena calcio dopo l’uscita di Paolo De Luca».
È un fiume in piena, il Fusi. Parte dall’inchiesta de “l’Espresso” sullo snodo dell’alta velocità di Firenze e investe sia gli avversari sia i protettori, passati o presunti. Promette di rimettere in discussione la gara che ha assegnato al consorzio Nodavia la stazione di Norman Foster e il tunnel da 7,5 chilometri, un’opera da 1,6 miliardi di euro destinata a costarne molti di più e, come da tradizione, finita al centro di un’inchiesta della Procura che ha appena chiuso le indagini.
Dice che manderà la documentazione, incluse le sue denunce archiviate a Firenze e a Roma, a Raffaele Cantone, il presidente dell’autorità anticorruzione (Anac) che ha già ricevuto le carte dei no Tav fiorentini e che, dall’Expo di Milano alla metro C di Roma, sta diventando il patrono laico di una valanga di scontento. Basterebbe l’ingorgo di lavoro all’Anac per capire che il sistema degli appalti pubblici è da rivedere. «Norme alla mano, la gara sull’alta velocità a Firenze non la doveva vincere Nodavia», continua Fusi. «Il loro ribasso d’asta era insostenibile e i giustificativi che hanno presentato assurdi. Eppure sono passati, come è passato il ribasso del 45 per cento per la gara sugli Uffizi, i ribassi della Metro C a Roma e sul Ponte dello Stretto, dove ho partecipato sapendo di perdere perché si sapeva chi doveva vincere. Nello stesso modo sono passati i documenti del Parco della musica di Firenze, dove nella fretta di andare avanti approvavano qualsiasi cosa. Adesso si sono accorti che scavando la stazione Foster c’era un problema di smaltimento dei terreni, ma era una storia risaputa e l’unico dirigente che si è opposto è stato trasferito. La verità è che il sistema è fatto apposta per rallentare i tempi e aumentare i costi. A Firenze e in Italia vince chi ha più uomini in commissione. E in questo la politica ha un peso».
Politica e costruzioni in Toscana significa cooperative rosse. Il consorzio Nodavia nasce con una quota del 70 per cento in mano alla Coopsette di Reggio Emilia e il resto a Ergon, un altro consorzio fra imprese locali: Inso, Coestra e il consorzio Etruria, poi rimpiazzato dalla coop L’Avvenire 1921. Non è semplice seguire il gioco delle percentuali e dei passaggi di proprietà ma l’intero sistema lavorava a una spartizione di appalti che includevano, oltre allo snodo fiorentino, il Quadrilatero Umbria-Marche, la tramvia di Firenze e la bretella autostradale Prato-Signa dove Fusi giocava in casa.
A dettare gli equilibri, c’erano due fattori principali: i referenti nell’amministrazione e l’inizio di una recessione che avrebbe messo in ginocchio non solo la holding Bf di Fusi e del suo socio 50/50 Roberto Bartolomei, ma anche le cooperative della Lega. Sul piano politico, Fusi ha mostrato di non avere pregiudizi organizzando la sua via personale alle larghe intese con i “rossi”. «Con Etruria ho fatto l’ospedale di Empoli e ho chiuso un accordo più generale attraverso il mio consorzio Operae. Poi arriva la gara per lo snodo di Firenze e loro mi dicono che avevano pressioni per accordarsi con Coopsette. Lì ho capito che le cooperative toscane in sede nazionale non contavano niente. La prova è che quando sono andato in difficoltà con la Btp, hanno lasciato affondare anche Etruria, a differenza di quanto è successo con la fusione in ballo oggi fra Unieco e Coopsette».
Quando si chiede a Fusi quante mazzette ha distribuito per arrivare dove è arrivato, incluse le scorrerie con l’elicottero personale, risponde così. «Il proprietario della Maltauro ha detto ai giudici milanesi che per prendere i lavori dell’Expo pagava. Io devo distinguere fra opere private e pubbliche. Nel privato paghi i professionisti, non ci sono tangenti. Io ho iniziato così. I fratelli Verdini, Denis ed Ettore, al tempo facevano entrambi i commercialisti e avevano in mano molti industriali pratesi. Me li segnalavano e io mi mettevo d’accordo per buttare giù le fabbriche e costruire edilizia residenziale. C’è stato un periodo che consegnavo 1.500 appartamenti all’anno. Del resto, la storia si è ripetuta sulla mia pelle anni dopo, con la liquidazione del mio gruppo dove sento parlare di 60 milioni di euro spesi in parcelle varie. Quando ho lanciato Btp nel settore pubblico, ho anche cercato di versare tangenti. O arrivavo prima o arrivavo dopo. Se mi avessero chiamato a un tavolino, avrei detto di sì. Sono convinto che, se avessi partecipato alla spartizione, non sarei qui ora». Si può eccepire che la bancarotta di cui è accusato Fusi è un reato più grave delle tangenti e che la compravendita di società con valutazioni sballate (Coestra, il golf Poggio de’ Medici) tra Fusi e i suoi soci, di destra o di sinistra, ha in effetti provocato dissesti a destra e a manca.
Se mal comune è mezzo gaudio, non stanno bene nemmeno gli avversari rossi di Fusi, gli emiliani. Di Nodavia è rimasto solo il nome. Condotte sta per rilevare il 99,99 per cento del consorzio lasciando una microquota alla disastrata Coopsette per evitare l’annullamento della gara. Così l’impresa guidata da Duccio Astaldi intascherà oltre mezzo miliardo in riserve e contenziosi con lo Stato in cambio di garanzie bancarie. Il secondo classificato, l’impresa Pizzarotti di Parma con 802 milioni offerti contro i 703 di Nodavia e gli 803 di Fusi, ritiene che questo passaggio sia contro la legge e che la gara vada assegnata a loro. Pizzarotti ha presentato ricorso al Tar del Lazio nel 2007, subito dopo la gara. Poi ha invano ripresentato istanza per la discussione di merito il 18 novembre 2013, oltre sei anni dopo. «Se i cantieri fiorentini ripartiranno, andremo a verificare la legittimità dell’operazione al tribunale ordinario», dicono i vertici dell’azienda parmense. Un altro bell’esempio di Sblocca Italia.

Tutti contro lo Sblocca Italia

Il 14 ottobre 2014 Mariarita Signorini, Consigliere nazionale Italia Nostra e Vicepresidente di Firenze, è intervenuta alla conferenza stampa (gremitissima) tenutasi a Montecitorio sul decreto Sblocca Italia, alla quale hanno partecipato 12 associazioni, 20 parlamentari e giornalisti.
Il suo intervento verteva sull’aeroporto di Peretola (compreso nel decreto) ed emblematico di una grande opera costosa ed inutile che crea gravi conseguenze per la vita di quasi un milione di abitanti per l’inquinamento atmosferico e per l’impatto acustico. E’ un’opera devastante per l’assetto idrogeologico di tutta la Piana fiorentina.
Di seguito potete leggere il comunicato dell’ufficio stampa di Italia Nostra

Fonte: Italia Nostra

Le associazioni unanimi contestano i contenuti del decreto

Uno strumento anacronistico. Un formulario di vecchi progetti che vengono riesumati in nome di un finto interesse collettivo. Unanimi, le 12 associazioni riunite oggi a Roma da Italia NostraCTS – ENPA – FAI – Greenpeace – Legambiente – LIPU – Mountain Wilderness – Pro Natura – Salviamo il Paesaggio – Touring ClubItaliano – WWF – per l’esame dello “Sblocca Italia”, chiedono al Parlamento che non converta in legge il decreto.
Le associazioni considerano il testo del decreto inaccettabile nei suoi contenuti per gli effetti devastanti che si prospettano per il territorio, per l’economia stessa del Paese e per i suoi profili di illegittimità costituzionale. Una formulazione che continua a vedere nella cementificazione, nello sviluppo infrastrutturale e nello sfruttamento delle risorse ambientali il solo motore di sviluppo della nazione.
Nonostante gli appelli fatti negli anni dalle associazioni di tutela, ma anche da intellettuali ed economisti illuminati, la messa in sicurezza del territorio è la vera emergenza nazionale che continua a essere ignorata dalla politica e che se affrontata porterebbe positive ricadute sul mondo del lavoro.
La semplificazione sbandierata nello Sblocca Italia non è altro che un colpo di spugna al sistema di tutele e l’esclusione totale alla partecipazione democratica nel processo decisionale in tema di infrastrutture, grandi opere, concessioni edilizie, sfruttamento delle risorse naturali ed energetiche dell’Italia. L’introduzione del silenzio-assenso produrrà l’esautoramento delle sovrintendenze. Le “mille Genova” che si ripetono, frutto di questa visione miope della politica, continuano a mietere vittime e produrre danni incalcolabili all’economia e al territorio, ad aziende medie e piccole colpite al cuore dall’ennesimo disastro annunciato.
Le associazioni chiedono misure concrete: prima fra tutte quella di destinare i 10 miliardi di euro previsti per l’inutile autostrada Orte-Mestre agli interventi urgenti per la salvaguardia del territorio.
Altra proposta coinvolgere il sindacato per la ricaduta che queste scelte avrebbero sulle piccole e medie imprese italiane, ora soppiantate per le grandi opere dalle multinazionali.
Infine, le associazioni chiedono un incontro urgente al Presidente del Consiglio per un confronto diretto.

Alta velocità: politica e interessi nell’affare Terzo Valico, come al solito

Fonte: Il Fatto Quotidiano
Di: Fabio Balocco

Mi  è capitato due volte in questi ultimi tempi di parlare con dei dipendenti di Rfi. Persone qualsiasi, incontrate per caso. Due mentre aspettavo il solito treno in ritardo, un terzo parente di amici che mi ospitavano. I primi due commentavano il Tav Torino-Lione, il terzo il Terzo valico. E tutti concludevano che ambedue le opere erano realizzate solo per far lavorare delle imprese, non già che fossero utili. Tutti concordavano sul fatto che i flussi di traffico sono bassi e non giustificano le grandi opere attualmente in fase di esecuzione.
Sul Tav Torino – Lione ho avuto modo di dilungarmi più volte. Magari qui conviene solo ricordare che la Cmc, la cooperativa rossa ravennate (divenuta ahimè famosa per il disastro del Mugello, sempre lavori Tav), ha avuto l’appalto del tunnel  geognostico di Chiomonte con affidamento diretto, poiché aveva già vinto i lavori per il tunnel di Venaus. Peccato che le due opere non siano affatto paragonabili tra loro. E magari, già che ci siamo, ricordiamo anche che Marco Rettighieri, già direttore appunto di Ltf (Lyon Turin Ferroviaire), attualmente dirige i lavori dell’Expo 2015, dove è stato arrestato Primo Greganti, già consulente fidato di Cmc.

Spendiamo qualche parola invece sull’altra opera inutile, il Terzo Valico. Guarda caso, anche qui, pur di realizzare l’opera, si parte con il progetto di un treno passeggeri, per poi passare ad un progetto di treno merci. Ma anche il traffico merci non giustifica l’opera.  “Al momento, secondo i dati dell’autorità portuale, siamo a meno della metà delle merci rispetto alle previsioni fatte 20 anni fa”. Anche qui c’è l’amianto. ma tutto questo passa in secondo piano rispetto alla torta da spartire fra le imprese: circa sei miliardi di euro il costo stimato.
Il General Contractor del Terzo Valico è la Cociv, un consorzio nato nel 1991 giusto per realizzare la tratta ferroviaria. Alla Cociv i lavori furono affidati già nel lontano 1992. Senza gara d’appalto.
La Cociv si avvale ovviamente di ditte subappaltatrici. Il comitato che si batte contro il Terzo Valico ha scoperto delle cose interessanti riguardo alle imprese cui i lavori sono stati affidatiUna è la Polistrade s.p.a., ditta fiorentina, con il suo patron Alfiero Poli, sotto inchiesta dal 2011 a Firenze per abuso edilizio. Poli si distinse per aver partecipato ad una cena nel 2007 a favore dell’allora ministro Rutelli, organizzata dal presidente della Provincia Matteo Renzi (proprio lui, lo scout), fra politici di sinistra (si fa per dire) ed imprenditori di destra (si fa per dire). Costo del pranzo: 1.000 euro a testa.
Un’altra impresa invece è la Maeg s.p.a., finita nell’inchiesta sulla realizzazione del minimetrò di Perugia, le accuse sono truffa aggravata e turbativa d’asta. Insieme ad altre aziende avevano fatturato un importo superiore ai 250.000 euro per lavori mai eseguiti, costituendo anche un cartello per spartirsi i lavori.
Grande sponsor del Terzo valico è quell’ex senatore Pdl Luigi Grillo, che – dopo esser finito in carcere –  ha ammesso di aver preso una tangente per i lavori dell’Expo 2015. Già, quello stesso Expo 2015 di cui parlavo più sopra.

 

Salvare il territorio rimasto tra Pistoia e il mar Tirreno, impedire un spreco inutile e assurdo di risorse pubbliche

Firmate e fate firmare questa petizione!
E’ imprortante!!
Perchè??

Per impedire la realizzazione della terza corsia della FI_Mare, già oggi più che adeguata al traffico, in sensibile diminuzione, intasando ed inquinando ulteriormente un territorio densamente urbanizzato. Per chiedere alla Regione Toscana di tornare ai progetti del lontano 1984 che prevedevano il raddoppio dell’unico binario da Pistoia a Viareggio ed il potenziamento della ferrovia Porrettana, con alternativa alla Direttissima BO-FI e infrastruttura di enorme valore storico.
Pare che sia già stato tutto deciso, come sempre “per le grandi opere”, (senza informare né, tantomeno, far partecipare i cittadini), di fare la terza corsia da Firenze al Mare. Non c’è nessun bisogno di allargare l’autostrada, eppure hanno già stanziato 850 milioni di euro da Firenze a Montecatini. Una scelta antistorica, antieconomica, antiecologica. Mentre da Pistoia a Lucca la ferrovia ha un solo binario, in compenso avremo una mega autostrada che devasterà ancora il territorio, produrrà più inquinamento, ulteriore riduzione del poco suolo fertile rimasto nella Piana Firenze-Pistoia.

Cliccate qui per aderire!

By Pass del Galluzzo – Terza Corsia FI Sud – FI Nord – Cantierizzazione sito C6S2

Firenze 22-7-2010

Dopo le segnalazioni dei addetti alla sorveglianza dell’Ambito Territoriale Caccia 5 della Provincia di Firenze, Italia Nostra ha effettuato un sopralluogo odierno – in prossimità del fiume Greve – al Cantiere C6S2 del cosidetto By Pass del Galluzzo in costruzione nell’ambito del Lotto 6 della terza corsia Autostradale.
Sono state riscontrate presunte irregolarità nello svolgimento dei lavori che sul greto del fiume Greve. In particolar modo il materiale utilizzato per ridurre temporanemento l’alveo del fiume sono materiali di risulta provenienti dalla scavo delle gallerie e per questo inquinanti, che come ricordiamo andrebbero regolarmente smaltiti. I danni all’alveo risultati Continua a leggere →